Il Bridge mondiale ha perso Eric Kokish, una figura immensa nel nostro sport.
Eric aveva dedicato la sua vita intera al Bridge. Giocatore eccelso, ha scritto sublimi libri di tecnica, 8 libri di cronache dei campionati del Mondo e perfino redatto convenzioni. La più famosa di queste è il “Relay Kokish” di 2 cuori dopo 2fiori/2quadri; ad essa si aggiunge la difesa al 2 quadri Multi, maniacalmente dettagliata. Ma soprattutto è passato alla storia come il più grande coach di tutti i tempi, carriera iniziata allenando la Nazionale canadese giovanile, e proseguita guidando le Nazionali maggiori di diversi stati, fra cui Canada, Brasile, Stati Uniti e Indonesia e preparando, parallelamente, la famosa squadra Nickell.
Lui, però, si definiva solo “grasso, sorridente e simpatico.”
In un’intervista alla giornalista Mabel Bocchi per la rivista FIGB Bridge d’Italia, Kokish ha dichiarato che il buon giocatore “Deve sapere giocare una mano alla volta, senza mai pensare a ciò che è accaduto prima, né tanto meno a ciò che può accadere in seguito”. Il buon allenatore, invece, deve “Sapere che ogni bridgista ha delle proprie caratteristiche che devono essere rispettate e quindi deve essere l’allenatore ad adattarsi al giocatore e non viceversa”. Infine, il buon giornalista deve “Entrare nello spirito del giocatore e spiegare il perché di determinate scelte, non limitarsi a criticarle e […] avere la capacità di non prendersi troppo sul serio”.
Fra i tre ruoli, il suo preferito era sicuramente quello di allenatore: “mi dà la possibilità di avere amici in tutti i continenti e di contribuire a migliorare il Bridge nel mondo. Inoltre, la soddisfazione che si prova quando ottieni dei risultati è davvero immensa. Come per esempio è accaduto nei Bermuda Bowl del 1995, dove tutte le formazioni da me allenate, sette o otto, si sono qualificate o quando al mio esordio da trainer nell’85 sono riuscito ad andare in semifinale con il Brasile, dopo un round robin senza sconfitte, senza Chagas ed inserendo, a due soli giorni dall’inizio della competizione, i fratelli Sanpajo. Avevamo di fronte la fortissima squadra statunitense e a una mano dalla fine conducevamo. Il tifo per noi era incredibile. Purtroppo, poi, non ce l’abbiamo fatta, ma è stato un momento davvero indimenticabile”.
Il Bridge, specialmente per chi lo ha reso la sua attività principale, è caratterizzato da tanti aneddoti in cui si intrecciano le vite di persone che provengono da ogni parte del mondo e intorno a questo sport costruiscono legami di amicizia che hanno un sapore perfino familiare. Nel 1997, in Tunisia, durante i Campionati del mondo per nazioni, Eric commentava il Vugraph nella “sala Rama” con Billy Eisenberg e Mark Horton. Osservando la classifica, esclamò “Qualcuno sa come mai l’Australia stia andando così bene?” e Horton prontamente rispose “Forse perché è l’unica squadra che non ha Kokish come coach!”. Era un autentico peccato di lesa Maestà, peraltro nel solenne momento della cronaca di un Mondiale, ma tutti nella sala, ed Eric in primis, scoppiarono a ridere spensieratamente di fronte a quella battuta, che era qualcosa più che un semplice scherzo: era la confidenza che si prova in una famiglia. Perché quella del Bridge è una famiglia una famiglia che in questi giorni è trafitta dal dolore per la perdita di Eric.
Nonostante gli straordinari successi ottenuti, Kokish provava un po’ il rimpianto di non aver sfruttato la sua laurea in legge. Del resto, una sorta di perpetua insoddisfazione accompagna spesso le menti magnifiche.
Aveva delle convinzioni molto nette, potremmo dire coraggiose, relativamente alla gestione del Bridge agonistico. Ad esempio, riteneva che bisognasse impedire agli “junior” di giocare nella categoria giovanile una volta fatto l’esordio nell’Open. Inoltre, ha dichiarato che avrebbe voluto fare “piazza pulita di tutta quella complessità di regolamentazioni che contribuiscono a rendere il bridge sempre più disumano ed illogico”.
La sua ultima intervista è stata registrata nel podcast (in lingua inglese) “Sorry partner” solo poche settimane fa: https://sorrypartner.com/episodes
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